I Testi

IL CANONE PALI

Nonostante i limiti, alcuni studi moderni possono mettere in luce cosa probabilmente avvenne durante e dopo il Mahaparinibbana del Buddha. Siddhartha Gautama , detto anche Sakyamuni , visse per circa 80 anni nel VI-V secolo a.C. nel nord dell’India e iniziò a insegnare il Dhamma a Sarnath, dopo l’Illuminazione avvenuta a Bodhgaya. Il resoconto del suo insegnamento si trova nel Tipitaka, scritture Theravada conservate in pali, la lingua dell’India dell’Ovest, Pare che il pali fosse parlato nella regione di Avanti, dove la scuola Theravada ebbe i suoi centri più grandi e importanti. Nei testi buddhisti, comunque, non c’è una sola parola che possa essere ricondotta con autorità incontestabile a Gotama Buddha come personaggio storico. Gli studiosi che esaminano i suoi insegnamenti nei testi pali, fanno una distinzione tra buddhismo originario e Buddhismo degli inizi.
In origine la vita dei discepoli di Buddha era abbastanza differente dalla vita monastica del periodo successivo. I primi buddhisti eremiti vissero nelle foreste e nelle grotte praticando la meditazione. Non era insolito per i monaci vivere nei cimiteri per sviluppare le meditazioni sull’impermanenza, un tema centrale degli insegnamenti buddhisti.
Gotama Buddha era considerato un eccellente essere umano, ma non veniva deificato o idealizzato tuttavia la sua deificazione avrebbe preso piede gradualmente.

Il Buddhismo degli inizi sottolineò che ogni cosa cambia (anicca), che niente è permanente” Le cose non esistono nel modo che vogliamo noi,e perciò diventano insoddisfacenti e sorgenti di sofferenza (dukka). Non esiste nessuna sostanza metafisica indipendente, non c’è nessun “sé” (anatta).
Lo scopo ultimo dell’insegnamento su non-sé era l’abbandono di ogni forma di desiderio egoistico, incluso il desiderio della pace perfetta o liberazione (nibbana). Poiché questo era uno stato ideale, veniva descritto come “L’altra sponda”. Anche il concetto di vacuità (sunyata) è rintracciabile nelle scritture del Buddhismo degli inizi e, in pratica, venne considerato nel senso di liberazione e felicità definitiva.
Il Buddhismo degli inizi, tuttavia, si astiene dall’elaborare ogni possibile ulteriore definizione rispetto la Realtà assoluta.
Il principio più elevato è, semplicemente, la via della pace e dell’abbandono dei conflitti,l’estinzione di ogni sofferenza.

Nel primo secolo d.C., dopo circa cinquecento anni di tradizione orale, fu messo per iscritto il canone Pali preservato dalla scuola Theravada (detto Tipitaka). Il temine Pali significa letteralmente tre cesti. Si tratta di tre sezioni dette “cesti”(da ti= “tre,” + pitaka, = “cesti).

Il Canone Pali o Tipitaka è la collezione dei testi che delineano le basi dottrinali del Buddhismo Theravada (L’insegnamento degli Anziani) e ne costituiscono il corpus completo dei testi canonici. Questa Scuola prospera ancora in Sri Lanka, Birmania, Laos, Cambogia e Thailandia.
Il Tipitaka, insieme ai testi post-canonici (commenti, cronache, storie, ecc.) è vastissimo: nelle traduzioni inglesi, i testi comprendono circa 12 volumi.

Le tre divisioni del Tipitaka sono:
• Vinaya Pitaka
Una raccolta di regole di comportamento e relative storie che formano la disciplina monastica di monaci e monache;

• Sutta Pitaka
E’ suddiviso in cinque gruppi e consiste nei sutta che contengono gli insegna- menti di Buddha;

• Abhidhamma Pitaka
E’ formato da dissertazioni sulla natura filosofica e psicologica degli insegnamenti, amplificando i termini e le idee contenute negli altri due “cesti”. L’ Abhidhamma è comunemente accettato come opera più tarda.

Scarica i testi tratti dal canone Pali

Le regole monastiche sono contenute nel Vinaya Pitaka e delinearono presto uno stile di vita e una condotta morale molto rigorosa. In seno alla comunità veniva trasmessa la pura e intatta conoscenza del Dhamma ed era compito dei suoi membri trasmetterlo alle future generazioni. L’osservanza del ‘vinaya’ (le regole di comportamento del praticante) fece del Sangha un buon veicolo per la trasmissione dell’insegnamento del Buddha (Il Buddha-Dhamma) e creò un vincolo stabile tra i membri dell’ordine monastico. Per aiutare lo stabilizzarsi di questo vincolo, Buddha offrì uno specifico insegnamento detto “Le sette condizioni essenziali”, che dovrebbero condurre sempre al benessere e alla prosperità del Sangha e mai al suo declino.
Queste sette condizioni sono:

1) Incontrarsi spesso e regolarmente.
2) Incontrarsi e lasciarsi sempre in armonia e portare questa armonia in ogni compito e comportamento verso l’altro.
3)Non sovvertire i principi stabiliti o introdurne nuovi, ma accettare e mantenere quelli origina1i e fondamentali.
4) Onorare e rispettare g1i anziani e ritenerli degni di ascolto.

5) Aderire alle qualità morali e spiritua1i.
6) Onorare e rispettare i luoghi sacri, le immagini egli altri oggetti simbolici che favoriscono le pratiche religiose e la solitudine.
7) Privilegiare la propria pratica spirituale così che la nostra virtù sia di esempio per gli altri.

I VOTI DEL BHIKKHU e I PRECETTI PER IL LAICO BUDDHISTA

Ci sono 227 norme che regolano la vita di un monaco completamente ordinato (bhikkhu). Le più importanti riguardano l’impegno monastico a:

1) celibato e castità totale
2) non rubare
3) non uccidere un essere umano
4) non affermare falsamente di avere poteri o realizzazioni.

I principi da coltivare sono la purezza di comportamento, l’accontentarsi, la non violenza e l’onestà. Come aiuto per una vita semplice sono richiesti comportamenti di rinuncia come l’astenersi dal mangiare dopo mezzogiorno, l’abbandono di ogni tipo di lusso e ornamento e di indulgere nel dormire.
Due volte al mese i monaci di una stessa zona si riuniscono per la cerimonia della confessione. In tale occasione un monaco prescelto recita a memoria il “Patimokka”(le 227 regole dell’addestramento). In questo modo il Sangha ha mantenuto, nel corso della storia, la capacità di vivere in armonia e risolvere le controversie.

La condotta morale dei laici buddhisti è regolata da cinque precetti, o panchasila:

1 non uccidere esseri viventi,
2 non rubare,
3 non commettere atti impuri e non avere una condotta sessuale che crea sofferenza
4 non mentire
5 non consumare bevande inebrianti e droghe

A questo semplice ed essenziale sistema di norme morali si possono aggiungere:

1. Non compiere le quattro operazioni dannose (il vivere nella passione, il vivere nell’ira, il vivere nel torpore, il vivere nella paura).
2. Eliminare le sei fonti del piacere (uso di bevande alcoliche, frequentare le strade in tempo inopportuno, partecipare a feste, dedicarsi supinamente e abitualmente ai giochi, coltivare cattive compagnie, vivere pigramente).
3. Eliminare, con le sei fonti del piacere, di cui sopra, i sei danni che ne derivano.
4. Onorare le regioni spaziali, delle quali la prima è il levante. Si onora il levante rispettando il padre e la madre, sostituendoli nelle loro incombenze, conservando le tradizioni di famiglia, accudendo all’eredità, offrendo espiazioni ai defunti.
5. Si onora il ponente rispettando la propria moglie, non sospettandola, non tradendola, non concedendole autorità, provvedendola di ornamenti.
6. Si onora il settentrione onorando gli amici con doni, con cortesi parole, con l’agire a loro vantaggio, con imparzialità e onestà.
7. Si onora il mezzogiorno mantenendosi devoto al proprio Maestro/a di Dhamma, il quale si mostrerà grato comunicando l’insegnamento.
8. Si onora il nadir (il punto della sfera celeste opposto allo zenit) onorando i subalterni e gli operai col distribuire loro il lavoro secondo le loro forze, col dare loro cibo e stipendio, col curarli se ammalati, col concedere loro, a tempo debito, la libertà.
9. Si onora lo zenit onorando i religiosi, monaci e monache,asceti e bramani, con amichevole comportamento nelle opere, nelle parole, nei pensieri, nel tener loro aperta la porta e provvedere alla loro vita.

Nonostante la regola monastica fosse ben articolata ciò non ha impedito la tendenza allo scisma nel Sangha, il che ha dato origine a differenti correnti e scuole. Questo fatto è confermato da svariati reperti storici, tra cui le iscrizioni.
Anche durante il regno di Asoka c’erano diverse correnti di pensiero. Come risultato dello scisma Hinayana (conservatore), se ne formarono venti. La tradizione Theravada è t’unica scuola sopravvissuta a quel periodo e ai giorni nostri permane la più antica forma di Buddhismo.
La scuola Vaibhasika (detta anche Sarvastivada), la Mulasarvastivada, la Sautantrica, la Vatsiputria, la Sammitiya, la Dharmagupta e tante altre scomparvero tutte quante.
E’ interessante notare che nel secondo secolo la scuola Mahasanghika era la più diffusa, anche rispetto alla Vaibasika, che aveva trovato in Vasubandhu un importantissimo sostenitore dei suoi principi.
Il benessere e la prosperità del Sangha erano dovuti al vivere in accordo al Dhamma-Vinaya (L’insegnamento e la disciplina) del loro Maestro originario: il nobile Buddha. Il Vinaia Pitaka tratta delle regole di comportamento a cui attenersi negli affari quotidiani del Sangha, la comunità monastica composta dai bhikkhu (monaci pienamente ordinati) e dalle bhikkhuni (monache pienamente ordinate). L’insieme delle regole contenute nel Vinaya Pitaka vengono spesso imparate a memoria e recitate da un membro del Sangha all’assemblea monastica nel corso di una suggestiva cerimonia, con cadenza quindicinale, che segue il calendario lunare. Questi testi costituiscono un valido documento storico. Includono gli episodi che hanno dato origine alla nascita di tali regole. Sono un valido aiuto proposto dal Buddha stesso al fine di mantenere l’armonia nella sua sempre più ampia e variegata comunità religiosa. E’ un testo tuttora usato nei monasteri buddisti Theravada di tutto il mondo. Il Vinaya Pitaka è uno strumento valido per la pratica della consapevolezza.
Il codice della disciplina monastica (Vinaya), ha ricevuto in Thailandia un’attenzione speciale e un’osservanza accurata, quindi è stato mantenuto in un modo eccezionalmente puro. Questo paese buddhista è stato e benedetto da numerosi e ottimi insegnanti (Ajahn), rispettati dovunque: a uno di questi è il venerabile Ajahn Chah. Il suo impegno in una vita di monaco rinunziante (dhutanga o bhikkhu) gli è servita da terreno per coltivare una disciplina impeccabile , e uno sforzo coraggioso. Per tutta la vita Ajahn Chah ha generosamente condiviso la sua consapevolezza e la sua comprensione della realtà con tutti coloro che hanno voluto entrare nella Via del Dhamma. L’addestramento dei suoi monasteri della foresta è abbastanza duro e arduo per le condizioni climatiche del paese. Tuttavia un numero crescente di discepoli si è riunito attorno al venerabile Ajahn Chah,che ha fondato più di ottanta monasteri della foresta per addestrare non solo i nativi tailandesi, ma anche molti occidentali. Visitando questi centri di Dhamma ci si trova immersi in un’atmosfera di semplicità e pace. Con queste condizioni di sostegno alla pratica della meditazione è possibile percepire la connessione con la tradizione e il lignaggio che risale ai tempi di Buddha. Monasteri buddhisti della tradizione Theravada sorgono oggi in molti paesi occidentali. Sono nati unicamente dalle donazioni, nel modo in cui il Sangha è stato sostenuto da oltre 2530anni. Con una comunità laica che provvede al sostegno materiale, la comunità monastica può dedicarsi a coltivare una vita retta e realizzare la Verità. Le comunità monastiche e laiche si sostengono, equilibrano e nutrono reciprocamente, in un modo meraviglioso e benefico per tutti. Il venerabile Ajahn Sumedho, il più vecchio discepolo occidentale del venerabile Ajahn Chah, che per oltre dieci anni ha personalmente istruito in vari monasteri della foresta, è abate e direttore spirituale di numerosi monasteri theravadin, in Occidente e in Australia. Nell’estate del 1977 egli ha lasciato la Tailandia per far visita ai genitori, che non vedeva da quattordici anni. Nel suo viaggio verso gli Stati Uniti ha fatto sosta a Londra, dove è stato invitato a fermarsi per promuovere la crescita del Sangha theravadin in Gran Bretagna. Alla fine dello stesso anno mi ero recato in Inghilterra con l’intenzione di unirmi alla comunità buddhista. Come ricercatore spirituale, sono stato fortunato a trovare nel venerabile Ajahn Sumedho il mio “guru radice”. Dopo due anni di noviziato, mi sono “addentrato” nel Sangha dei bhikkhu. Di solito ci si aspetta che un bhikkhu trascorra con il suo Maestro i primi cinque anni del suo addestramento, ma dopo questo periodo il monaco ha una certa libertà di scelta sul dove vivere. Alla fine del mio quinto anno mi sono offerto di andare in Nuova Zelanda per aiutare un monaco senior ad aprirvi un monastero. Fondare un monastero è un lavoro duro. Sono stato coinvolto anche nell’apertura di due centri in Inghilterra e in realtà ho impegnato la maggior parte della mia vita monastica lavorando e servendo il Sangha in questo modo. In un certo senso sono stato un pioniere nel cercare di integrare la pratica del Dhamma con le responsabilità richieste dall’apertura di un nuovo monastero. Credo che questa sia l’esperienza comune a tutti coloro che hanno facilitato la transizione del Buddhismo dall’Oriente in Occidente.

La condotta morale dei laici buddhisti è regolata da cinque precetti, o panchasila:

1 non uccidere esseri viventi,
2 non rubare,
3 non commettere atti impuri
4 non mentire
5 non consumare bevande inebrianti e droghe

Sutta Pitaka

Il Sutta Pitaka contiene tutti i discorsi (sutta) attribuiti al Buddha ed altri suoi stretti discepoli. Questi insegnamenti formano il ‘corpo’ del Buddhismo Theravada.
La concezione centrale del Buddhismo degli inizi è il Dhamma o la Verità. Buddha è colui che vede il Dhamma, che ha conosciuto la legge di causa ed effetto ed è andato oltre. Il Dhamma denota la norma, ma anche tutto ciò che è regolato dalla norma. E’ probabile che il primo insegnamento sistematico fosse stato sulle Quattro Nobili Verità e le sue implicazioni pratiche: la Via di Mezzo.

Le Quattro Nobili Verità sono:

1. La nobile verità della sofferenza.
2. La nobile verità dell’origine della sofferenza.
3. La nobile verità della cessazione della sofferenza (nibbana).
4. La nobile verità del sentiero che porta all’estinzione della sofferenza. Il sentiero è detto Via di Mezzo.

Il metodo di analisi applicato nel caso delle Quattro Nobili Verità, può essere applicato nell’analisi dei vari fenomeni (dhamma). La chiara comprensione delle Verità è anche chiara comprensione dei fenomeni.
La chiara comprensione delle Quattro Nobili Verità fu sistematizzata nei dettagli dai buddhisti conservatori del periodo successivo (detti hinayanisti) ed è conosciuta come Ottuplice Sentiero o Ottuplice Via. Inizia con “retta comprensione”, che significa capire il Dhamma, seguita da “retta intenzione” , “retta parola” , “retta azione” , “retti mezzi di sussistenza” , “retto sforzo” , “retta consapevolezza” e “retta concentrazione” .
Un altro sistema di riferimento è l’Origine Dipendente (paticcasamupada).
La formulazione più conosciuta e rappresentativa di questo insegnamento è quella dei Dodici Anelli, che nella catena di causa-effetto sono:
1) Ignoranza, che condiziona 2) le formazioni karmiche (volizioni), che condizionano 3) la coscienza discriminante, che condiziona 4) mente e materia (nome e forma), che condizionano 5) le sei sfere dei sensi, che condizionano 6) il contatto, che condiziona 7) la sensazione, che condiziona 8) la brama, che condiziona 9) l’attaccamento, che condiziona 10) il divenire, che condiziona 11) la nascita, che condiziona 12) l’invecchiamento e la morte.

Bisognerebbe analizzare attentamente ogni anello. L’interdipendenza tra coscienza discriminante, mente e materia c il nesso basilare da cui sorgono i tipi di relazione tra soggetto e oggetto nell’esperienza ordinaria; la sua struttura dinamica rivela inoltre il lavoro interiore della mente, grazie al quale diventa possibile passare dalla nostra ignoranza all’illuminazione. Un tale stato di perfezione spirituale attuabile tramite la pratica di generosità, moralità, rinuncia e, soprattutto autodisciplina e meditazione, il cui culmine è il vero discernimento.
A questo scopo la vita del monaco o della monaca è sobria e quieta, interamente dedita a spegnere la “sete” o brama, che è la causa di ogni sofferenza.
La collezione dei discorsi (sutta) attribuiti al Buddha ed altri suoi stretti discepoli sono molteplici

L’Abhidamma Pitaka comprende la collezione di testi nei quali i principi fondamentali della dottrina presentati nel Sutta Pitaka sono rielaborati e riorganizzati in un quadro sistematico applicabile ad un’investigazione della natura della mente e della materia.

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