Pace

In tutte le guerre la verità è la prima a morire. Tuttavia come ci ha dimostrato il Mahatma Gandhi è possibile ristabilire la Pace perseguendo la verità, la giustizia e la libertà degli individui in quanto “La verità e la non violenza sono antiche come le montagne”.

“Voi siete gli artefici della vostra condizione, passata, presente e futura. La felicità o la sofferenza dipendono dalla mente, dalla vostra interpretazione , non dipendono dagli altri, da cause esteriori o da esseri superiori. Ogni problema e ogni soddisfazione sono creati da voi, dalla vostra mente”.

Con queste parole il Buddha Siddhartha Gautama, detto anche Sakyamuni, che visse circa 2500 anni fa, tra il VI-V secolo a.C., nel nord dell’India, si rivolgeva al senso di responsabilità del singolo individuo affinché potesse crescere interiormente ed esprimersi in modo positivo, con consapevolezza, generosità, altruismo, saggezza e amore. Sono queste le qualità che ognuno di noi può manifestare nel mondo per renderlo migliore.

Da sempre l’essere umano come tutti gli altri esseri senzienti è alla ricerca della felicità. Nel perseguire questo profondo desiderio di benessere l’uomo ha seguito un percorso storico che lo vede oggi nel XXI secolo protagonista del suo destino. La civiltà che questi ha prodotto riflette il suo innato desiderio di sicurezza, ma paradossalmente è anche la causa di nuovi sconvolgimenti sociali e naturali.

In questi giorni si parla molto di pace e di guerra. Sembra che tutti abbiano ragione. A chi credere?

Tutte queste opinioni e punti di vista, tutte queste discussioni e argomentazioni ci possono far riflettere ed osservare le nostre stesse reazioni agli avvenimenti quotidiani. Le parole, le immagini, i concetti e i pensieri, si proiettano nello spazio della nostra mente e lo riempiono. La loro forza, a volte irruente, genera e alimenta la violenza dentro e fuori di noi. La nostra razionalità ci permette di fare ordine in un mondo sempre più complesso, ma se non è supportata dai buoni sentimenti che nascono dal cuore la nostra vita e il mondo in cui viviamo sarà sempre più infelice. Abbiamo bisogno di tempo, abbiamo bisogno di fare spazio per la riflessione, con la meditazione, per il silenzio e per la contemplazione più profonda, perché finché saremo condizionati da pensieri coatti, questa nostra mente non sarà libera e felice. Quando i pensieri diventano rigide opinioni, argomentazioni sempre più forti e contrapposte, il conflitto è inevitabile e così si giunge alla crudeltà della guerra.

Qualcuno ha detto che la guerra è una brutta bestia che gira gira e non si ferma mai. Molti affermano che la guerra è necessaria per assicurare la democrazia e la pace.

Certo! Esistono delle motivazioni che spingono l’essere umano a distruggere, forse possono essere ritenute da alcuni giuste, al punto da corrompere le nostre intuizioni più profonde e la verità stessa, al punto da ritenere le guerre, come l’unica risoluzione ai conflitti o comunque quella giusta, quella politicamente corretta, o morale. A volte gli strumenti che noi usiamo per mantenere la pace, diventano la via per perpetuare la menzogna. Come dice Chagdud Tulku Rimpoche, maestro di saggezza contemporaneo,è bene ricordare che : “Per colui che comprende la vera natura della mente, guarire i conflitti individuali e guarire i conflitti politici nel mondo è, in essenza, lo stesso processo”.

C’è bisogno di una presa di coscienza individuale e collettiva in grado di cambiare dal di dentro le istituzioni. Oramai da più parti si leva la voce secondo la quale ciascuno Stato, anche il più democratico, deve attuare una severa riforma della propria politica internazionale. Non dobbiamo dimenticare che la maggior parte degli Stati membri dell’ONU non sono dotati di istituzioni democratiche e che violano palesemente e sistematicamente i diritti umani, malgrado la Dichiarazione Universale del 1948 e tutti i successivi Patti, Trattati e Protocolli in materia. L’esercizio effettivo della democrazia non può ammettere l’uso della violenza la quale non fa che alimentare l’aggressività,l’ipernazionalismo e l’odio.

La comunità internazionale ha il dovere di intervenire in difesa dei popoli, ma dovrebbe farlo con le armi della diplomazia, della politica, delle pressioni e delle sanzioni economiche.

In altre parole, coloro che hanno il potere devono andare oltre i vecchi schemi che favoriscono i loro vantaggi economici e che risalgono a concezioni geopolitiche di tipo coloniale e anacronistiche. Dobbiamo sensibilizzarci e sensibilizzare gli altri affinché le problematiche dell’intera umanità vengano affrontare con senso di responsabilità. E’ richiesto l’esercizio di tutti gli strumenti d’informazione affinché le nostre forze politiche diventino veramente democratiche. Non ci sarà vera democrazia se non ci sarà verità, giustizia e amore.

Ognuno di noi è chiamato a dare una risposta coerente ai principi dell’Amore e della Libertà. Per fare questo dobbiamo scegliere la via della conoscenza e della pace. La nostra pace deve essere forte, ma nello stesso tempo sensibile e ricettiva, dobbiamo essere capaci di affrontare la nostra e altrui sofferenza, perché è questo il cammino che ci porta alla comprensione e all’amore per vivere in un mondo migliore.

[1] (sanscrito; pali: Siddháttha Gotama). Trattandosi di un nome ormai noto anche in ambito occidentale, viene qui usato Siddhartha in sanscrito e senza i segni diacritici. La forma ‘Siddharta’ conosciuta in Italia deriva da un errore di trascrizione di Massimo Mila nella traduzione del romanzo Siddhartha di Hermann Hesse (si veda M. Piantelli, Il buddhismo indiano, in Filoramo, G., (a cura di) Buddhismo, Editori Laterza, Bari 2001, nota a p. 21).[2] ‘Il saggio dei Sakya’. I Sakya (in sanscrito: Šákya) erano la famiglia di origine di Siddhartha, a capo di un piccolo regno (l’Uttarakosala) che si estendeva dal Nepal meridionale fino al Gange, con capitale Kapilavatthu (Kapilavasthu), a circa 250 km da Benares (Varanasi).

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