Santacittarama

Quando lasciai l’Italia, il 30 settembre del 1977, con un biglietto di sola andata per Londra alla ricerca di un maestro spirituale e di una comunità buddhista, gli insegnamenti del Buddha erano sconosciuti alla maggioranza degli italiani e non immaginavo che un giorno avrei fondato un monastero nel mio paese d’origine!

Quando incontrai Achaan Sumedho, in un centro buddhista vicino ad Oxford lo riconobbi subito come mio padre spirituale. Nell’ottobre del 1977 diventai anagarika (senza fissa dimora) a Londra, e l’anno successivo diventai samanera (novizio). Ricevetti upasampada (ordinazione di bhikkhu) il 27 ottobre del 1979 in un’imbarcazione sul Tamigi dal mio precettore, il venerabile Dott. Saddhatissa Maha Thera, mentre Achann Sumedho e il venerabile Lakkana divennero i miei Acharya, maestri, le guide che mi avrebbero insegnato con il loro esempio. Così diventai il primo monaco occidentale discepolo del famoso maestro della foresta thailandese, il venerabile Achaan Chah, ad essere ordinato in Gran Bretagna.
Al momento dell’ordinazione mi fu dato il nome ‘Thanavaro’ che significa ‘fondazione eccellente’, e questo è da allora il mio nome spirituale. Dopo dodici anni di vita all’estero, otto anni in Inghilterra e quattro  in  Nuova Zelanda, dove contribuii all’apertura e alla crescita di alcuni monasteri, tornai in Italia nel 1990 per fondare il primo monastero della tradizione Theravāda, il Santacittarama che in lingua Pali significa “Il Giardino del Cuore Sereno”.  Il nome mi venne in mente durante il ritiro invernale che trascorsi quell’anno ad Amaravati in Inghilterra. Sempre durante una meditazione visualizzai il logo del monastero: una pagoda bianca circondata da una aura luminosa con i colori della bandiera buddhista, mentre ai due angoli in alto ci immaginai il sole e la luna, e sotto a destra un aquila con un serpente (simbolo dell’ignoranza) nel becco e negli artigli altri serpenti il tutto a simboleggiare la distruzione degli altri anelli del Paticcasumappada (la produzione condizionata) che determina il ciclo delle rinascite. A sinistra vi vidi una colomba simbolo di pace. Solo qualche mese più tardi una volta residente a Sezze scoprii che al centro di una delle sue piazze c’era una statua simile a quella da me vista in meditazione!
Mi fu possibile rientrare e vivere in Italia perché di fatto si erano create le condizioni di supporto per una comunità monastica della tradizione Theravāda. Al mio ritorno in Italia trovai che il buddhismo si era radicato in varie forme: la scuola Theravada con la meditazione Vipassana, la scuola Mahayana giapponese attraverso la meditazione Zen e la scuola Vajrayana grazie agli insegnamenti e alle iniziazioni tantriche dei Lama Tibetani.
Gli immigrati asiatici di fede buddhista avevano portato con sé non solo il loro bisogno di fortuna e benessere economico ma anche un grande dono: la loro cultura, le loro tradizioni e le loro credenze religiose, ricche di riti ed espressione di un profondo pensiero filosofico. La storia della formazione del Santacittarama può essere fatta risalire all’estate del 1986 quando il mio precettore il Ven. Saddhatissa fu invitato a Roma da un gruppo di emigrati di Sri Lanka per alcune cerimonie Buddhiste. A queste fu invitato a partecipare anche
Vincenzo Piga fondatore della “Fondazione Maitreya”, un organizzazione Buddhista di supporto ampiamente meritevole di aver divulgato il Buddhismo in Italia. Durante una riunione all’Ambasciata dello Sri Lanka, il dott. Piga chiese al Ven. Saddhatissa, se c’era la possibilità di avere qualche monaco Theravada a Roma o dintorni, per costituire un centro, precisando che la “Fondazione Maitreya” avrebbe acquistato un edificio per ospitarlo. Il Ven. Saddhatissa promise di interessarsi e lo informò che lui stesso aveva ordinato un monaco Theravada di origine italiana che dopo otto anni di addestramento monastico era stato mandato dal monastero di Amaravati in Inghilterra in Nuova Zelanda per partecipare con il Ven. Achaan Viradhammo, alla fondazione di un monastero nell’area di Wellington.

Nel Febbraio del 1986, ottenuto l’indirizzo, il dott. Piga, benefattore e promotore del Buddhismo in Italia, mi scrisse in Nuova Zelanda di questa possibilità e da allora mi inviò regolarmente la rivista “PARAMITA” da lui fondata. Negli anni 1987 e 1988 ci fu un saltuario scambio di corrispondenza tra me e la “Fondazione Maitreya” e fui contattato pure dal dott. Martinelli, fondatore della rivista “Buddismo Scientifico” e del tempietto “La Pagoda”  vicino Arezzo. Nella primavera del 1989 l’allora ambasciatore di Sri Lanka in Italia, il Signore Chandra De Zoysa, diede notizia che per la celebrazione del VESAK, (giorno in cui si ricorda la nascita, l’illuminazione e la liberazione finale del Buddha) sarebbe arrivata a Roma una delegazione di monaci Theravada dallo Sri Lanka, e aggiunse che se si fosse trovato un edificio per costituire un Vihara, qualcuno di loro sarebbe stato disposto a fermarsi. I coniugi Piga, entusiasti di tale possibilità, si adoperarono in tutti i modi per trovare, in un luogo ritenuto idoneo a tale scopo, ove ospitare i monaci. Non fu per loro facile trovare un villino che potesse essere adibito a tempio buddhista. Innanzitutto non doveva costare troppo e doveva trovarsi fra Roma e Napoli per facilitare la visita di eventuali interessati. Finalmente, nel Marzo 1989, sentito il parere favorevole dell’Ambasciatore De Zoysa, i coniugi Piga acquistarono un villino di campagna nella periferia di Sezze in provincia di Latina. Successivamente le notizie sulla disponibilità di monaci di Sri Lanka a fermarsi in Italia risultarono inesatte. Allora il Signor Piga quale presidente della “Fondazione Maitreya”, che già aveva sponsorizzato alcuni lavori di sistemazione del villino, chiese la collaborazione di Solé-Leris, studioso e praticante di Vipassana e del professore Corrado Pensa, insegnante guida dell’A.Me.Co. ed allora ordinario di Religioni e Filosofie dell’India e dell’Estremo Oriente all’Università “La Sapienza” di Roma, per ottenere dei monaci da Amaravati.  Ma nel Marzo 1989 giunse da Amaravati una risposta negativa (per circa quattro anni non avrebbero aperto nuovi monasteri). Intanto nel Maggio 1989 il mio maestro, il Venerabile Sumedho accettò l’invito della “Fondazione Maitreya” di venire a Roma a Novembre dello stesso anno per un seminario di Vipassana, organizzato dalla A.Me.Co.. Contemporaneamente anch’io informai il dott. Piga che dopo circa cinque anni di permanenza in  Nuova Zelanda  sarei tornato in Italia per far visita ai miei genitori, prima di proseguire per Amaravati in Inghilterra e che inoltre mi sarei fermato a Roma per incontrare e salutare Achaan Sumedho.

Fu così che nel novembre 1989, dopo il seminario di Vipassana, Ajahn Sumedho ed io fummo accompagnati a visitare il villino di Sezze appositamente acquistato dai coniugi Piga per aprire un Vihara in Italia e, in una riunione all’ambasciata di Sri Lanka, fu rinnovato l’invito ad Achaan Sumedho (a destra nella foto con Thanavaro) di permettere l’apertura di un monastero a Sezze, con il Venerabile Thanavaro e  l’anagarika John Angelori come primi residenti; d’altra parte la “Fondazione Maitreya”, l’A.Me.Co., e l’Ambasciatore Chandra si impegnarono a sostenere il Sangha residente. L’apertura ebbe luogo il 21 Marzo del 1990, e Santacittarama fu aperto ufficialmente con l’entusiasmo e il supporto di entrambi i buddhisti italiani e asiatici residenti in Italia. Tuttavia l’inizio per me non fu per niente facile. Nell’arco delle prime due settimane alcuni laici che si erano impegnati a formare il consiglio direttivo dell’Associazione Santacittarama mi comunicarono che non sarebbe stato più possibile per loro sostenermi in questo modo.

Lo stesso ambasciatore dello Sri Lanka in Italia, il Signore Chandra De Zoysa fu da lì a poco trasferito. Per fortuna trovai un valido aiuto in un laico di nome Antonio Amabile che decise di rimanere a far parte dell’associazione. Tuttavia mi resi conto fin da subito che molto del lavoro per avviare il Santacittarama sarebbe ricaduto sulle mie spalle! Tra l’altro scoprii un numero crescente di crepe nelle pareti del Vihara dovute alle fondamenta strutturalmente difettose e inadeguate. L’edificio presentava problemi di stabilità ed era a  rischio la sicurezza sia per la comunità residente che per i visitatori. La necessità di ristrutturare e riparare le fondamenta era urgente. Secondo il parere degli ingegneri che avevano effettuato dei sopralluoghi, il costo di tale ristrutturazione e riparazione sarebbe stata di circa 30 milioni delle vecchie lire. Oltre alla ristrutturazione e alla riparazione delle fondamenta si aggiunsero le spese per la collocazione di due pozzi neri e altri scavi e tubature per la fogna. La costruzione di una copertura/chiusura della veranda che conduceva alla stanza di Meditazione. Il piastrellamento del pavimento della stanza di Meditazione. La costruzione di due servizi al piano terra. La costruzione di un tramezzo di separazione per la zona letto degli ospiti. Lo scavo di un fosso attorno all’area perimetrale per il drenaggio delle acque piovane. La piantagione di diversi alberi nel giardino e lungo il muro divisorio della proprietà. Il proprietario Vincenzo Piga volle subito chiarire che i costi di tali lavori sarebbero stati a carico della comunità dei fedeli e che lui in cambio avrebbe formalmente donato la sua proprietà al Sangha. Io mi feci garante di tale promessa e con il cuore fiducioso iniziai a darmi da fare viaggiando in lungo e in largo per l’Italia, senza riguardo per il mio benessere personale, per insegnare e sensibilizzare la comunità dei laici a sostenere il progetto di risanamento e ampliamento dell’edificio.

I lavori edili al Santacittarama mi impegnarono molto per diversi anni, richiesero molte risorse, presero molto del mio tempo ed  energia. Ricordo che in quel periodo mi confidai con mio padre e gli parlai della difficoltà di rimanere in Italia e lui generosamente ci offrì un sostanzioso prestito per iniziare i lavori di consolidamento delle fondamenta. Fu allora che compresi che il nome “Thanavaro” il cui significato è “Fondazione eccellente” datomi dal mio maestro Achaan Sumedho al momento dell’ordinazione monastica richiedeva da parte mia un grande impegno. Solo dopo alcuni anni crebbe un maggiore sostegno da parte della comunità Thailandese, e di tanti altri asiatici e italiani che negli anni si erano avvicinati al Buddhismo.

Questo nuovo interesse è stato a volte caratterizzato da improvvise “mode culturali”, come avvenne quando uscì il film Il piccolo Buddha di Bernardo Bertolucci. Nei mesi successivi il monastero Santacittarama, di cui all’epoca ero l’abate, ricevette un afflusso continuo di visitatori, curiosi e giornalisti che continuò per diversi mesi. Poco prima dell’uscita del film nelle grandi sale ebbi modo di vederlo in anteprima grazie a un invito dello stesso Bertolucci che avevo già incontrato per una consulenza  durante le fasi della preparazione del film.  Sul piano del dialogo inter-religioso tra il Buddhismo e il Cristianesimo non è mai venuto meno l’interesse, da parte di alcuni esponenti più “aperti” di entrambe le fedi,  ad incontrarsi in uno spirito di profondo rispetto, soprattutto nell’ambito delle congregazioni monastiche contemplative, dove è stato più facile trovare elementi comuni, quali l’amore per uno stile di vita semplice, l’osservanza del silenzio e delle regole monastiche, la pratica della preghiera e della meditazione. A proposito del sempre maggiore interesse da parte degli occidentali e più in particolare degli italiani nei confronti del Buddhismo, il Dalai Lama in più occasioni ha detto che non è sua intenzione convertire nessuno, ma che “nella situazione attuale vi è certamente un bisogno sempre più grande di comprensione umana e di senso di responsabilità universale”. In un’altra occasione ha dichiarato: “Ho sempre ritenuto che sia molto più vantaggioso avere a disposizione una varietà di fedi religiose e di filosofie, piuttosto che una singola religione o filosofia. Ciò è necessario in ragione delle differenti disposizioni mentali di ogni persona”. E ancora: “Sono solito dire che la religione universale è l’amore compassionevole e se c’è una religione universale bisogna riconoscerla nella pratica del buon cuore.

A qualsiasi religione una persona appartenga, mi sembra che la cosa più importante da fare sia praticare l’altruismo, l’amore e la compassione”. La crescita del Buddhismo in Italia riflette in linea di massima un impegno sincero e genuino di molte persone interessate ad un modello di vita spirituale fondato sulla comprensione reciproca, la convivenza civile e democratica, la pace. L’aumento del numero di persone interessate all’insegnamento del Buddha è stato possibile anche grazie ad un maggiore coordinamento tra i vari centri che aderirono all’iniziativa, promossa tra gli altri da Vincenzo Piga, magnate buddhista, di fondare il 17 aprile 1985 l’Unione Buddista Italiana (U.B.I).

A quel piccolo nucleo originale si sono aggiunti negli anni altri centri di Dharma (cioè di pratica della dottrina del Buddha) e oggigiorno, tra centri e fondazioni, sono 64 i centri iscritti, rappresentativi delle diverse tradizioni buddhiste presenti in Italia: Theravāda, Mahāyāna, Vajrayāna, Zen, Seon.

Il Buddhismo in Italia è la terza religione più diffusa dopo il Cristianesimo e l’Islam: esso conta un numero di fedeli costituito da circa 208.000 italiani buddhisti e oltre 124 buddhisti immigrati. Questi dati potrebbero essere ampiamente sottostimati.
A questi si aggiungono oltre 85.000 praticanti della Soka Gakkai International, scuola legata alla tradizione Nichiren Shōshū giapponese che non fa parte dell’U.B.I. pur essendo membro dell’Unione Buddhista Europea.

L’incremento e l’espansione del Buddhismo in Italia è culminato con il riconoscimento legale dell’Unione Buddhista Italiana (U.B.I.) come ente religioso, con Decreto del Presidente della Repubblica del 3 gennaio del 1991. L’intesa tra lo stato italiano e l’Unione Buddhista Italiana, richiesta fin dal 1986, è stata ratificata l’11 dicembre 2012. In qualità di presidente dell’U.B.I. dal 1993 al 1996 avevo seguito le pratiche per tale riconoscimento fermamente convinto che, come è scritto nell’art. 8 della costituzione italiana : “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano”.
In occasione della ratifica il relatore Roberto Zaccaria ebbe modo di dichiarare: «Questo voto riveste un’importanza storica. Si tratta [comprendendo anche l’intesa con l’Induismo] delle prime due intese con confessioni non cristiane nel nostro paese in attuazione dell’art.8 della Costituzione».
Il 17 Gennaio 2013 la legge è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale che rende effettiva la sua applicazione. L’intesa, prevista dall’articolo 8 della Costituzione, regola i rapporti tra la religione buddhista e lo Stato, garantisce i fondamentali diritti di libertà religiosa (per esempio esercitare l’assistenza spirituale ove venisse richiesta: nei luoghi di cura, nelle carceri, nelle forze armate, negli obitori, nella scuola pubblica). E’ una conquista importante a livello istituzionale e conferma che la fede buddhista può partecipare attivamente all’armonia e alla pace in una società multietnica come quella dell’Italia.
Dopo sei anni di intenso lavoro come Abate, Maestro di meditazione, Presidente dell’Unione Buddhista Italiana e membro della fondazione Maitreya, dopo un travagliato periodo di riflessioni, decisi di abbandonare l’abito monastico per ritornare allo stato laicale. Questa scelta per me non ha rappresentato una cesura con la precedente esperienza monastica, piuttosto è stata frutto di una presa di coscienza che ero entrato in una nuova fase della mia vita mirata ad un sempre maggiore impegno alla diffusione del Dhamma in Italia libero da ruoli istituzionali.  Il 10 marzo 1999 ho fondato l’associazione “Amita-Luce Infinita” che in diversi modi promuove la diffusione del Buddhismo e della meditazione. Dal 1996 ad oggi come amico e guida spirituale conduco incontri e ritiri di meditazione in varie città d’Italia.
Torno volentieri a far visita ai miei cari amici monaci del Santacittarama ogni qualvolta mi è possibile e sono particolarmente felice dello sviluppo che ha avuto, grazie alla generosità e al sostegno di tante persone, sotto la guida del venerabile Achaan Chandapalo e di Achaan Jutindharo. Lunga vita al Santacittarama!

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